Arte e cultura - L'Antiquarium

L'Antiquarium della Civiltà Safina

L’Antiquarium è un'esposizione permanente, inaugurata il 31 Marzo 2007, che raccoglie al suo interno corredi funerari risalenti al VI secolo a.C., rinvenuti durante gli scavi della necropoli in località "Colleciglio" di Barrea. I corredi funerari reperiti nelle tombe a cassone, tipiche dei Sanniti[1] Pentri, sono tutti di bambini al di sotto dei 10 anni. Di particolare pregio sono alcuni resti di una collana in vetro fuso di importazione fenicia e i vasi in bucchero di scuola etrusca, contenitori costruiti con argilla arricchita di ossidi di ferro e cotti in speciali forni in assenza di ossigeno. I reperti esposti appartenevano a famiglie facenti parte di una casta ben distinta, poiché i bracciali in bronzo e le fibule sono personalizzati con simboli precisi e ricorrenti.

“Quando moriva un piccolo safino, la sua famiglia e il suo villaggio perdevano un pezzetto del futuro della comunità, uno dei loro che non sarebbe mai diventato un uomo o una donna adulti e dunque utili alla società.

Non conosciamo le manifestazioni private e collettive riservate al lutto e alla morte, né se il culto che gli antichi Safini tributavano ai loro defunti, testimoniato dalle necropoli e dai corredi funerari, fosse organizzato anche intorno a vere e proprie credenze sull’aldilà. Dalla cura con cui vennero realizzate le tombe e dalla composizione dei corredi infantili emerge la considerazione che la società safina aveva per i suoi più piccoli componenti, adulti mancati cui la morte aveva impedito di occupare il posto che, per origini, sesso e valore personale, sarebbe spettato loro: sembra infatti che la comunità onorasse i piccoli defunti con le stesse attenzioni che riservava agli adulti, dunque i bambini avevano importanza e identità sociale ben prima del raggiungimento dell’età adulta. Perciò ad essi spettavano una tomba e un corredo simili a quelli dei grandi all’interno del circolo, il “monumento funerario” di famiglia, dove erano collocati probabilmente vicino al congiunto più prossimo, in uno spazio non marginale né di risulta tra le tombe degli adulti. L’età dei piccoli proprietari si rifletteva in alcuni elementi del corredo che li accompagnava nell’ultimo viaggio: ad esempio nel collare in bronzo e nei vasetti miniaturistici, dalle dimensioni talmente ridotte da perdere reale funzionalità.

Una caratteristica poi era costante: le sepolture dei piccoli defunti erano realizzate a scarsa profondità, spesso non raggiungevano lo strato di breccione, ma erano quasi ‘poggiate’ sul terreno.

«Sit tibi terra laevis» scrissero secoli dopo i Romani su alcune lapidi tombali: ‘che la terra ti sia lieve’, che non ti pesi addosso e non ti opprima. Chissà che questa espressione non contenga una seppur lontanissima suggestione proveniente dal remoto costume funerario delle genti safine di deporre i piccoli defunti appena sotto il piano di campagna, più vicino alla luce e alla vita lasciate anzitempo.”[2]

Note

  1. ^I Sanniti definivano se stessi “Safini”.
  2. ^Da una didascalia dell’Antiquarium dell’archeologa Paola Riccitelli.