Gente di Barrea

Andrea di Valleregia

“Frate Andrea era dei Minori Osservanti e nativo di Barrea, della famiglia D’Antonutiis; era amico della Regina Giovanna I e maestro della sua Real Cappella. Su istanza di detta Regina era stato fatto Vescovo di Larino il 28 maggio 1334.”[1]

Giovan Leonardo Russo

“Medico, cancelliere, agrimensore e procuratore per liti al servizio del suo paese; erario e rappresentante della Casa Ducale di Barrea, egli accentrò nei suoi tempi svariate mansioni che gli diedero facile accesso sopra tutte le carte comunali e feudali del suo e di altri villaggi dell’Alto Sangro. Dotato di una certa cultura e spinto dall’amore per le cose passate, condensò molte notizie storiche della Valle in due manoscritti. Uno di essi era costituito da una monografia su Barrea”[2]. Visse tra la fine del XVII e l’inizio XVIII secolo.

Michele Quaranta

Notaio, “discendente da famiglia forse oriunda di Trivento e insediata in Barrea con il favore del feudatario, mediante donazione di terre gentilesche con il peso dell’adoa alla Corte baronale. Rogò nei primi decenni in Barrea e paesi vicini. […] I rogiti di notar Quaranta sono tra i più importanti per la storia locale e regionale. Tra essi risaltano l’inventario delle chiese di Barrea (1716) e il testamento dello storico valligiano Giovan Leonardo Russo (1723).”[3]

Aldo Di Loreto

Nato a Barrea nel 1910, fucilato a Villetta di Barrea il 12 novembre 1943, medico, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. “Era andato volontario in Africa Orientale e, in seguito, era diventato l’ufficiale medico dell’aeroporto di Centocelle. L’8 settembre 1943, all’annuncio dell’armistizio, si trovava a casa in licenza di convalescenza. Decise subito di impegnarsi contro i tedeschi e si diede ad organizzare una formazione partigiana nell’Aquilano. Catturato dagli occupanti durante una delle tante azioni, Di Loreto fu condannato a morte e fucilato. Questa la motivazione della massima ricompensa al valore: "Ufficiale medico di alto valore professionale e di brillanti doti militari, organizzava dopo l’armistizio una banda armata che, nelle montagne abruzzesi, esplicò continua azione di sabotaggio interrompendo collegamenti telefonici tra batterie antiaeree tedesche, effettuando sbarramenti stradali, distruggendo teleferiche adibite al trasporto di munizioni in montagna, aiutando i prigionieri alleati a passare le linee. Catturato da una pattuglia tedesca veniva, dopo sommario processo, condannato a morte. Calmo e sereno rifiutava con fiero stoicismo di essere bendato e dopo di avere indicato al plotone di esecuzione di mirare al cuore, cadeva senza fremito al grido di: 'Viva l’Italia'. Fulgido esempio di puro eroismo che continua e rinnova la tradizione dei martiri del nostro Risorgimento.”[4]

Note

  1. ^Tratto da "Barrea, ossia Vallis Regia" di don Antonio Rossi.
  2. ^Tratto da "Appunti e documenti sulle vicende storiche di Barrea" di Uberto D'Andrea.
  3. ^Id.
  4. Dal sito dell'ANPI: ^