Arte e cultura - Lo Studio

I resti dell’edificio noto come lo “Studio” si trovano all’esterno del centro storico di Barrea, non lontano dalla Porta di Sotto. La struttura è un raro esempio di convento-fortezza edificato intorno all'anno Mille da monaci benedettini per scopi difensivi dopo la distruzione del monastero di S. Michele Arcangelo in Barreggio da parte dei saraceni. Lo Studio, attualmente di proprietà privata, non è visitabile poiché pericolante.

Uberto D’Andrea, nei suoi “Appunti e documenti sulle vicende storiche di Barrea” così lo descrive: “[…] un edificio imponente e ben costruito, singolare compromesso tra il monastero ed il fortilizio. Le sue alte mura probabilmente non sono state coronate mai da merli. Piccole ed inaccessibili, le finestre guardano la “foce” del fiume Sangro. Cinque belle finestre che invece si affacciavano verso la Valle, erano difese, oltre che dall’altezza, da una serie di robuste mensole molto sporgenti e collegate con arcate di pietra, ancora in parte visibili e sufficienti a rendere ardua, se non impossibile, qualsiasi scalata.

L’edificio è posto in luogo rupestre per tre lati, a causa degli orridi balzi a picco sul Sangro. Il fianco settentrionale che guarda direttamente la “foce”, forse inizialmente permetteva un malagevole e pericoloso cammino tra il muro e gli strapiombi, ma il passaggio fu chiuso con l’aggiunta di un bastione, come si può desumere guardando la costruzione dall’interno. La parte più accessibile, quella che guardava a sud, era unita all’abitato di Barrea mediante una strada tagliata sulla roccia e circondata in ambedue i lati con un alto muro. Nell’interno lo “Studio” presentava alcuni vani seminterrati, coperti con volte a botte, oggi in parte scomparse. Le stanze superiori, corrispondenti alle cinque finestre citate, dovevano essere quelle destinate ad abitazione. Vi si riconoscono ancora i resti di un grosso e strano camino, che un muro separava in due cappe, le quali avevano in comune la canna fumaria; incastrata nella muraglia si vede una pila in pietra nera”.

D’Andrea scriveva prima dei danni causati dal terremoto del 1984 (crollo della parete nord) e dal successivo crollo di parte della parete rivolta a ovest (inverno 2006). Ora rimane in piedi meno della metà del fabbricato originale.

Lo Studio fu costruito su iniziativa di monaci benedettini dopo che, nel 1017, l’abbazia di Montecassino aveva ottenuto in concessione da Pandolfo III e IV, principi di Capua, il monastero di S. Michele Arcangelo in Barreggio con tutte le sue proprietà e dipendenze. La struttura fu costruita in posizione strategica di controllo del ponte sul Sangro e le fu data una forma più simile a un fortilizio che a un monastero, anche se molto probabilmente la sua destinazione principale era monastica più che difensiva.

Per diversi secoli svolse la sua funzione di residenza monacale collegata al monastero di S. Angelo. In seguito alla decadenza di quest’ultimo, fu abbandonato dai monaci e, in data imprecisata, venduto all’Università di Barrea. Questo avvenne prima del 1700, perché nel XVIII secolo è documentato l’uso dell’edificio come scuola pubblica finanziata dall’Università. È possibile che il nome “Studio”, attribuito alla struttura monastica, derivi proprio dall’essere stato sede di una scuola.

Tale ipotesi è formulata da U. D’Andrea: “Quando i baroni della zona usurparono la maggior parte dei possessi di S. Angelo e i paesi della valle ebbero tutti il loro curato, vennero meno al Monastero sia i proventi su cui si reggeva decorosamente, sia lo scopo dell’attività di predicazione o le opere da parte dei monaci. Non era posto, come Montecassino, a ridosso di una strada di grande comunicazione e in mezzo a zone intensamente popolate e coltivate: l’unica attività consistente a esso restata e a esso affidata era l’amministrazione dei beni rimasti. Ristrettisi i possessi intorno alla chiesa si S. Angelo, in territorio di Villetta, forse colà dové spostarsi il preposito, lasciando quindi la sede di Barrea. Dato il monastero in commenda, abbandonata la prevalente coltivazione delle terre dopo la provvida istituzione della Dogana della Mena delle pecore (1447), la grancia di S. Angelo vide diminuire quasi tutte le entrate. Per raccoglierle, forse da allora in poi bastò qualche sacerdote valligiano con funzioni solo onorifiche di preposito. Tutte queste, insieme al terremoto del 1456, furono le ragioni che portarono all’abbandono della chiesa di S. Angelo e, prima ancora di essa, della munita sede cenobitica in Barrea. Lasciata sola per secoli, questa costruzione restò a sfidare il tempo. Se ne ricordarono nel 1700, quando in Barrea sorse la bella iniziativa di una scuola a spese del Comune. E’ probabile che tale scuola sia stata tenuta in qualche locale dell’abbandonato cenobio di S. Angelo, che da allora in poi venne indicato con il titolo di “Studio” (quindi solo dopo il 1700).”

Sull’origine del nome “Studio”, il D’Andrea fornisce una seconda possibile spiegazione: “Il nome di “Studio” […] può riferirsi all’esistenza di uno “scriptorium” (menzionato dall’Inguanez), per la provenienza da Villetta (Barrea) di codici in pergamena. E qualsiasi monastero cassinese che si rispettasse, doveva avere senz’altro i reparti destinati alla confezione di libri e alla biblioteca. La parola “scriptorium” era ostica a pronunciarsi da parte del popolino valligiano, il quale preferì riferirsi con il più semplice termine di “studio”, accennando a quell’isolato, silenzioso e misterioso edificio dove i monaci di S. Angelo in Barreggio scrivevano e miniavano assiduamente.”

Riferimenti

D’Andrea, Uberto, "Appunti e documenti sulle vicende storiche di Barrea", Scuola Tipografica Gavignano, 1963

D’Andrea, Uberto, " Notizie storiche sopra l’ordinamento e le vicende del Comune di Barrea”, Scuola Tipografica Gavignano, 1965