Storia - Il Medioevo

L'alto medioevo

Il periodo tardo antico e l’alto medioevo sono per la Vallis Regia, come pure per l’Abruzzo in generale, piuttosto poveri di documenti e ritrovamenti. Questa situazione è dovuta principalmente alla carenza di ricerche storiche e archeologiche specifiche per il periodo, ma anche a una possibile mancanza effettiva di testimonianze. Tale mancanza è da collegare alla decadenza economica e sociale delle zone montane del Sannio, iniziata già nel basso impero con fenomeni di "ribellismo" e "brigantaggio".

In generale, fino alla guerra greco-gotica l’organizzazione territoriale si mantiene generalmente inalterata con persistenza del popolamento su siti antichi e con diffusione delle prime forme di vita comunitaria cristiana ed edifici di culto.

Per il periodo in esame, non sono disponibili fonti scritte di interesse per la zona, se si esclude un cenno alla diocesi della vicina Aufidena presente in una lettera di papa Gelasio I (494-495 d.C.). Tale cenno è un’interessante testimonianza della prima cristianizzazione dell’Alto Sangro. La sede vescovile era localizzata originariamente nell’odierna Castel di Sangro, dove si ritiene fosse il municipio romano tardo repubblicano di Aufidena. Tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, tale sede si ipotizza sia stata trasferita nei pressi dell’attuale Alfedena, in prossimità del sito dell’antico abitato italico, sopravvissuto come vicus in epoca romana.

Al termine della guerra goto-bizantina, l’Alto Sangro ritorna sotto il controllo imperiale nel 538 d.C. circa. Tale situazione permane fino alla conquista longobarda, che si verifica intorno al 595, forse ad opera dei longobardi di Benevento. Questo evento segna la definitiva rottura dell'unità politica della penisola italiana e con essa la fine, o quantomeno il consistente ridimensionamento, della transumanza su lunga distanza.

Al termine della conquista, la valle si colloca al confine tra i ducati longobardi di Benevento e di Spoleto e il territorio del ducato romano controllato ancora dai bizantini che nel VI secolo comprendeva la zona di Sora.

Non è noto se, in questo periodo di crisi demografica e spopolamento, caratterizzato da condizioni di vita estremamente difficili e con un tasso di mortalità molto alto, nella Vallis Regia fosse ancora presente una popolazione residente stabile. Se presente, tale popolazione doveva comunque essere molto ridotta e caratterizzata da un'economia di mera sussistenza essendo venuta meno la tradizionale fonte di reddito legata all'allevamento transumante.

Tipiche del periodo per le aree montane dell’Abruzzo sono forme di popolamento sparso costituite da poche case di contadini e di pastori aggregate intorno a piccole chiese rurali.

In tale contesto, si inseriscono i monasteri benedettini, che diventano presto il principale fattore propulsivo per la ridefinizione del quadro insediativo e il controllo del territorio, soprattutto nelle zone di frontiera.

Il Monastero di S. Angelo di Barrea

Solo a partire dall'VIII secolo si hanno notizie storiche riguardanti la Vallis Regia, infatti il Cronichon Volturnense menziona negli anni 742-751 il monastero benedettino di San Michele Arcangelo di Barrea (1). La fondazione del monastero, risalente presumibilmente agli inizi dell'ottavo secolo, era stata promossa dai duchi longobardi di Benevento, con lo scopo di contrastare la fondazione del monastero di S.Vincenzo al Volturno sostenuta da Farfa e dal Papato e per diffondere il culto dell'angelo patrono dei longobardi già venerato nel noto monastero di S. Michele Arcangelo del Gargano.

Il monastero, come molti altri nello stesso periodo, era collocato sul tracciato di una strada antica forse ancora in uso nell’alto medioevo, in una località che conserva ancora oggi il toponimo di “villa” (2). Quindi, anche in analogia con molti esempi documentati in Abruzzo di monasteri sorti su siti occupati in epoca tardo antica da ville rustiche, è ipotizzabile la presenza di una preesistente villa romana sul sito scelto per costruire il monastero . La fabbrica era situata presumibilmente nei pressi dell’attuale cimitero di Villetta Barrea, nelle vicinanze del torrente Profluo e non lontano dal fiume Sangro, rispetto al quale si poneva sulla sponda sinistra.

S. Angelo di Barrea fu dotato dai committenti longobardi di estese proprietà, acquisite nel corso della conquista, e fu in seguito oggetto di numerose donazioni e privilegi da parte di membri della locale aristocrazia, successivamente riconfermati da vari imperatori del Sacro Romano Impero.

Tra le numerose dipendenze dell’abbazia, distribuite nei territori dei ducati di Spoleto e Fermo e nei gastaldati di Penne, Teate e dei Marsi, si ricordano in particolare quelli dedicati a san Michele Arcangelo, come ad esempio:

  • S. Angelo a Marano, il più antico insediamento monastico della provincia di Teramo in territorio di Bellante, menzionato in vari documenti riguardanti S. Angelo a Barrea da cui dipendeva a partire dall’873
  • S. Angelo in Alba e S. Angelo in Carseoli, situati nella Marsica, il primo presso Alba Fucens e il secondo presso l’attuale Carsoli
  • S. Angelo in Aquam Vivam e S. Angelo ad Florentum, nel territorio di Valva.
  • S. Angelo de Stabulo e S. Angelo de Feltriano, in territorio ascolano.

La storia della Vallis Regia è segnata dalle vicende del monastero dal momento della sua fondazione fino all’affermazione del potere feudale.

Tra la fine del IX e la prima metà del X secolo, la zona subì le scorrerie dei Saraceni e degli Ungari che portarono nel 937 alla distruzione dell’abbazia, della quale si salvò, secondo Leone Ostiense, solo una piccola cappella. Nei successivi 80 anni, il monastero rimase in uno stato di abbandono e i suoi possedimenti furono oggetto di lotte e rivendicazioni che coinvolsero gli abati del monastero stesso, che ne chiedevano riconferma all’autorità imperiale, e vari pretendenti tra i quali le abbazie di Montecassino e S.Vincenzo al Volturno e la Diocesi Marsicana.

L'incastellamento e la nascita del paese

Entrato nell’orbita di Montecassino alla fine del X secolo, S. Angelo di Barrea e tutte le sue pertinenze furono definitivamente concessi all’abate Atenolfo di Montecassino da Pandolfo III e IV, principi di Capua, nel 1017.

Nella Vallis Regia, gli abati di Montecassino promossero la ricostruzione del monastero di S. Angelo e un riassetto delle modalità insediative che, nell’ambito del più generale fenomeno dell’incastellamento, segnarono il passaggio da un insediamento sparso e di solito privo di strutture difensive, a uno caratterizzato da villaggi posti su alture ben munite con mura e castelli. Questo processo portò alla nascita di Barrea nella sua sede attuale. Secondo la Chronica monasterii Casinensis, a dirigere le opere di ricostruzione del monastero fu inviato da Montecassino padre Azzone, il quale fece edificare, in posizione dominante sulla valle, una struttura monastica molto simile a un fortilizio, denominata in tempi più recenti “Studio”. Intorno a tale struttura, si sviluppò il nucleo originario di Barrea, abitato inizialmente solo dalle poche famiglie, che in precedenza vivevano nel fondovalle perlopiù nei dintorni della località denominata Baia.

E’ ipotizzabile che, in analogia con quanto documentato per il territorio di pertinenza di S. Vincenzo al Volturno, il monastero stipulasse con la comunità di Barrea dei contratti (3) che regolavano i rapporti tra potere monastico e popolazione locale per lo sfruttamento delle risorse del territorio (terreni, pascoli, boschi, ecc.), stabilendo i canoni di affitto e le altre clausole contrattuali (ad es. obbligo di lavorare le terre incolte, obbligo di rendere servizio al monastero, ecc.).

Nello stesso periodo, iniziò ad affermarsi il potere antagonista della nobiltà feudale che progressivamente erose le prerogative e i possessi del monastero.

I primi feudatari noti di Barrea furono i Di Sangro, famiglia di probabile origine longobarda, che promossero la costruzione di un castello nella parte alta dell’abitato. Il Catalogus Baronum, fatto compilare da Re Ruggero nel 1148, cita il conte Simone (di Sangro) vissuto tra il 1140 ed il 1160, nipote di Manerius conte di Trivento, investito del titolo di conte del territorio compreso tra Roccasecca, Rocca Tre Monti, Rocca Cinquemiglia, Castel di Sangro, Barrea e Alfedena.

Nello stesso catalogo, a poco più un secolo dalla sua nascita, Barrea era recensita come una baronia di quattro militi, seconda solo a Castel di Sangro tra i paesi dell’Alto Sangro.

Lo sviluppo economico del paese, basato su agricoltura e allevamento, e la sua crescita demografica proseguirono per tutto il secolo successivo come testimonia l’intensa attività edilizia e, in particolare, la costruzione, sul finire del XIII° secolo, della chiesa dedicata al santo patrono S. Tommaso Apostolo.

Il 1° agosto 1447, Alfonso I d’Aragona istituì la Regia Dogana della mena delle pecore in Puglia e promosse il restauro dei tratturi. Questo evento, dopo le iniziative in tal senso già intraprese in epoca normanna, segnò la definitiva ripresa della transumanza su lunga distanza tra l’Abruzzo montano e la Puglia e determinò, nei secoli successivi, un notevole sviluppo dell’industria armentizia.

Dalla numerazione dei fuochi ordinata dallo stesso Alfonso I d’Aragona, risulta che, alla metà del XV secolo, Barrea contava 68 fuochi per un totale di 352 persone, rimanendo il paese più popoloso dell’Alto Sangro dopo Castel di Sangro.

Nel 1465, il feudatario di Barrea Antonio Caldora conte di Trivento, per essersi schierato con gli angioini nella guerra per il regno di Napoli, venne privato da Ferrante d’Aragona, successore di Alfonso I, di tutti i suoi possedimenti. Il feudo di Barrea fu assegnato a D. Galzerano de Resquenses, il quale, pochi anni dopo, lo vendette a Michele D’Afflitto (1509), che lo aveva già in concessione da almeno un decennio. I discendenti di Michele D’Afflitto sarebbero rimasti feudatari di Barrea quasi fino all’eversione del feudalesimo nel 1806.

Note

(1) Terra Sancti Angeli de Barregio.

(2) “La Villa” è ancor oggi il modo comune di denominare il paese di Villetta Barrea da parte degli abitanti di Barrea.

(3) Detti "livelli".

Riferimenti

Christie, N. & Lloyd, J., "Sangro Valley Research Project: Colle Sant’Ianni excavations, 1997, 1998",. Medieval Settlement Research Group Report, 1998

D’Andrea, Uberto, "Appunti e documenti sulle vicende storiche di Barrea", Scuola Tipografica Gavignano, 1963

D’Andrea, Uberto, "Memorie di Storia Ecclesiastica Civile e Feudale di un Comune del Reame: Villetta Barrea, Vol.1", Premiato Stab. Tip. Angeletti, Sulmona, 1958

D’Andrea, Uberto, "Memorie di Storia Ecclesiastica Civile e Feudale di un Comune del Reame: Villetta Barrea, Vol.2", Scuola Tipografica Gavignano, 1959

Falla Castelfranchi, M., Mancini, R. - "Il culto di S. Michele in Abruzzo e Molise, in 'Culti e insediamenti micaelici nell’Italia meridionale fra tarda antichità e medioevo'", Atti del convegno internazionale Monte S. Angelo, 1992

Rossi, D.Antonio, "Barrea ossia la Valle Regia"

Staffa Andrea R., "Le campagne abruzzesi fra tarda antichità ed altomedioevo (secc. IV-XII), in “Archeologia Medievale” XXVII, pp.47-99", Edizioni all’Insegna del Giglio, 2000

Staffa Andrea R., Pannuzi Simona, "Una fonte per la ricostruzione del quadro insediativo e del paesaggio nell’alto medioevo: presenze monastiche nell’Abruzzo Teramano", Archeologia Medievale, XXVI, 1999, pp. 299-338

Staffa Andrea R., "Una terra di frontiera: Abruzzo e Molise fra VI e VII Secolo"

Staffa Andrea R., "Alcune considerazioni sulla presenza longobarda nell’Italia centrale (secc. VI – VII)", Edizioni all’Insegna del Giglio, 2001